allontanati da me
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2011

Video a canale singolo, colore suono, 8 minuti circa

allontanati da me esplora la tensione tra desiderio di indipendenza e bisogno dell’altro, che caratterizza ogni relazione amorosa. All’impossibilità di capirsi nel profondo, si contrappone la necessità di affrancarsi dal legame affettivo per mantenere integra la propria identità.

In un’ottica secondo cui “la categoria di identità personale postula sempre come necessario l’altro”, il video affronta in maniera semplice e cruda la dicotomia unione/separazione come la tensione cardine di ogni relazione.

Il video inquadra dall’alto due mani intente a preparare una composizione floreale. All’indizio della sequenza vediamo un vaso vuoto e un gruppo di rose, adagiate senza un ordine preciso su una superficie nera, attorno ad esso. Lentamente le mani cominciano a lavorare, prendendo le rose, accorciandone gli steli e levando le foglie in eccesso per deporle infine nel vaso. Alla fine della sequenza il mazzo è composto e le mani escono dall’inquadratura.

Osservando attentamente questo gesto apparentemente banale, che rimanda alla tradizione dell’ikebana e trasmette una sensazione di tranquillità, ci si rende conto che le due mani non appartengono alla stessa persona ma ad un uomo e ad una donna.

Il commento sonoro è formato da un montaggio di rumori di oggetti domestici che cadono e si rompono, e dal suono delle voci di uomo e di donna che parlano all’unisono recitando, come in un mantra spezzato, una serie di frasi sulla difficoltà della relazione amorosa. Queste frasi, sussurrate in maniera ritmica, sono tratte principalmente da due film: À bout de souffle, di Jean Luc Godard e Hiroshima mon amour di Alain Resnais. I due film che hanno segnato l’inizio della nouvelle vague, riflettono, benché in maniera diversa, sulla profonda relazione tra amore e morte che alimenta ogni rapporto di coppia. Il primo affronta la paura del coinvolgimento emotivo ed il desiderio di indipendenza dei protagonisti, mentre il secondo, oltre ad essere un durissimo commento sulla strage atomica e sulla guerra, affronta in maniera poetica i temi dell’oblio e dell’elaborazione del trauma. Alle voci sussurrate si aggiunge un montaggio di spezzoni sonori tratti dagli stessi film in lingua originale.

L’azione lenta e ripetitiva del comporre il mazzo, catturata in questa sequenza ipnotica, accompagna il fruitore verso la dimensione dell’ascolto, che diventa, come in molti lavori di Ottonella Mocellin e Nicola Pellegrini, la dimensione privilegiata e più densa di diversi significati. D’altra parte, solo la relazione tra immagine e suoni trasmette il senso di difficoltà di cui parla il lavoro. Mentre le mani che compongono il mazzo con gesti rassicuranti, creano un ordine dal disordine e cercano l’unione tra maschile e femminile e le voci parlano all’unisono cercando un’armonia,  i suoni ed il testo parlato raccontano di una rottura. La discrepanza tra immagini e suoni intende scardinare alcuni stereotipi legati alla comune percezione dell’universo domestico.

Il progetto comprende anche una serie di scatti fotografici che, con lo stesso stratagemma, affrontano il tema della relazione attraverso la rilettura di una serie di gesti quotidiani spesso attribuiti ad una condizione di genere.

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