Questo progetto, consiste in una video installazione, una serie di immagini, un libro d’artista e una performance teatrale.
Con questo lavoro, costruito attorno ad un dialogo immaginario tra una palestinese e un israeliano, Mocellin e Pellegrini riflettono su alcuni aspetti della vita quotidiana in Palestina e Israele.
Citando voci molteplici che vanno dalla giornalista palestinese Leila el Haddad, allo scrittore israeliano David Grossmann, al Poeta palestinese Mahmud Darwish, insieme ad altre fonti come blog, articoli e contributi audio scaricati dalla rete, il lavoro si interroga sulla contrapposizione tra controllo e terrore, sicurezza e strumentalizzazione della paura e sulla dicotomia spaesamento/appartenenza che caratterizzano la vita quotidiana in quelle zone.
I temi dell’identità e della relazione con l’altro, ricorrenti nel lavoro dei due artisti, sono qui affrontati attraverso la descrizione della vita quotidiana in una situazione di conflitto. Considerando l’esilio come condizione esistenziale, Mocellin e Pellegrini costruiscono un testo in cui diversi punti di vista, culture e origini convergono fino a sovrapporsi, raccontando una condizione esistenziale condivisa.
Gli schermi laterali ospitano un visionario collage video in cui le immagini, elaborate per prendere le distanze dalle immagini di conflitto trasmesse quotidianamente dai media, assumono un carattere straniante e poetico.
Il lavoro si avvale inoltre di una serie di contributi audio che raccontano situazioni di panico, difficoltà e violenza. Alla fine, una strofa di Lili Marleen suonata a clarinetto dal musicista israeliano Gilad Atzmon, rimanda inevitabilmente alle tragedie del passato.
Nel 2009 il progetto ha assunto la forma di un libro d’artista dal titolo An incongruous beam of beauty over the Gaza Strip”, pubblicato da Charta con un testo critico di Emanuela De Cecco.