I’ll be your mirror (1999) e being in someone else’s fear (2002), sono due progetti fotografici collegati tra loro fondati su uno scambio di ruoli e di identità e nati dal desiderio di mettersi letteralmente nei panni di un altro e di raccontare, attraverso il mio corpo, storie accadute ad altre persone, relative a situazioni traumatiche legate alla paura. In ognuno di due progetti ho indossato i vestiti dei miei collaboratori e mi sono fatta fotografare da loro mentre re interpretavo le loro storie di paura.
Ne I’ll be your mirror ho lavorato principalmente con persone sconosciute, estranee al mondo dell’arte, condividendo con esse storie intime e spesso segrete. Queste persone hanno collaborato al progetto soprattutto attraverso il racconto, che è stato poi riscritto da me in forma di testo narrato in prima persona, la nostra estarneità ed il fatto di non apparire nelle fotografie in prima persona, ha permesso ai miei collaboratori di aprirsi più di quanto avessero fatto con i loro cari, dando luogo a momenti di forte scambio emotivo.
Ho attuato così, non solo un ribaltamento tra autore e soggetto dell’opera, ma una sorta di drammatizzazione del trauma, simile alla tecnica usata spesso in psicoterapia.
Ne being in someone else’s fear il lavoro è stato fatto con artisti con il risultato che più che condividere il racconto emotivo delle loro esperienze, ci siamo concentrati sul ricreare la loro immagine della paura, lavorando principalmente sull’aspetto estetico del progetto.
Le svariate identità che prendono parte al progetto non sono espresse dalla diversità dei racconti, ma da quella dello stile delle immagini.